|
La Fondazione sui media
La Repubblica
Martedì, 28 Novembre 2000
Rubrica: Lettere a Barbara Palombelli
Quei libri vietati ai non vedenti.
Gentile signora Palombelli, sono rimasta particolarmente colpita dalla notizia che un certo numero di case editrici (e voglio elencarle: Mondadori, Guanda, Garzanti, Longanesi, Rizzoli e non manca nemmeno la ex-democratica e colta Einaudi!) ha imposto alle due biblioteche telematiche per non vedenti del Cavazza di Bologna e di Galiano di Catanzaro di cancellare i propri libri in essi contenuti a causa del danno economico (immagino!) che questo inserimento poteva comportare per il mancato pagamento del copyright.
Non voglio nemmeno tentare di quantificare quale possa essere il danno provocato dalla mancata vendita a non vedenti degli ultimi libri usciti in libreria! Vorrei soltanto proporre una riflessione sulle reazioni che questa decisione ha scatenato in me.
Che i diretti interessati siano scesi in campo a battagliare e a difendere quello che per loro è un bene prezioso mi sembra una cosa assolutamente sacrosanta, prevedibile e scontata. Ma che non siano scesi in campo, se non in modo isolato e sporadico, quelli che, come noi, da tutta un'esistenza nutrono i loro occhi, la loro cultura e il loro sapere di libri mi lascia senza parole.
Se noi pensiamo a quanto il libro è ed è sempre stato presente per ognuno di noi dall'infanzia sotto forma di libro di lettura, di fumetto, di testo di studio, di semplice rivista da sfogliare, di volume da tenere sempre a portata di mano o sul comodino per leggerne due righe la sera... non possiamo non capire quanto questo oggetto del quale noi non ci accorgiamo nemmeno più sia un
compagno insostituibile non solo per chi della cultura ha fatto una professione ma per chiunque abbia voluto con esso riempire qualche spazio vuoto della sua esistenza o cercarvi il conforto di un'idea.
Di tutti i libri che ognuno di noi ha letto ben pochi, solo una minoranza estremamente ridotta, sono stati comprati in libreria: grazie a Dio i libri passano di mano in mano, si prestano, ci sono le biblioteche e una volta c'erano anche delle piccole biblioteche circolanti che con poche lire permettevano a tutti di leggere quello che desideravano.
Tutto questo, è chiaro, era per noi, quelli che ci vedono. Per gli altri, certo c'era la scuola e i libri di testo si trovavano in cassetta e poi c'erano i lettori, ma la vicinanza, la complicità con il libro, la possibilità di leggere da soli l'ultimo best-seller non potevano esserci.
Quando il computer permise qualche anno fa a tutti loro di accedere alla lettura "personale, privata", non di quei pochi libri registrati (classici o comunque già da lungo tempo in libreria) magari anche non facili da reperire oltrechè non agevoli da leggere (mi immagino qualcuno che tenta in una cassetta di ritrovare un punto che vuole rileggere!), so per averlo visto attorno a me che questo fu un momento di particolare emozione: poter finalmente decidere cosa leggere e in una certa
misura poter leggere quando si voleva e quello che si voleva sembrava un sogno!
Ora noi, che sappiamo tutte queste cose, che viviamo in questa realtà "facile" che non ci stupisce perchè ci viviamo da sempre, assistiamo senza parole a questa nuova esclusione che le case editrici tentano di fare nei confronti di un piccolo gruppo di persone che potrebbe fare perdere loro quanto? Un milione, due, dieci?
Anna Mandich ricercatrice Università di Bologna
Risposta
Cara Anna, sono rimasta anche io esterrefatta dalla decisione presa. Ma sono sicura che deve esistere un modo - una soluzione elettronica, una parola chiave, una password personalizzata per i ciechi, un test d'ingresso personalizzato - per garantire l'uso dei libri a chi non ci vede e insieme il diritto delle case editrici a difendere il proprio vincolo sui testi pubblicati...
Sarò ottimista, ma mi auguro che dalla stessa tencologia, dal riconoscimento vocale, da una delle mille novità inventate dai nostri ingegneri, arriverà una soluzione. Nel frattempo, combattiamo.
|
|